XIXConvegno Nazionale di Pastorale della Salute

Come il Samaritano-Dall'intuizione di S.Giovanni Paolo II alla Pastorale della Salute

Come essere il Samaritano oggi, in un tempo complesso come quello che stiamo vivendo?
Come può la pastorale della salute essere significativa oggi, alla luce del magistero di Papa Francesco? Come portare la presenza della Chiesa oggi, nei luoghi della sofferenza?
 
Così ci introduce ai lavori don Carmine Arice, Direttore dell’Ufficio Nazionale di Pastorale della Salute: “Grati del passato, appassionati nel presente, nel futuro con speranza”, e ci fa ripercorrere 25 anni di giornate mondiali del malato, 25 “passi” che hanno aiutato il cammino della Chiesa verso una prassi ordinaria di attenzione alla fragilità. Il primo grazie è stato per Giovanni Paolo II, che istituendo la Giornata del Malato ha di fatto favorito lo sviluppo nelle Diocesi della Pastorale della Salute.
 
Molti e corposi gli argomenti proposti: dalla analisi dello “stato di salute” del nostro Sistema Sanitario, in cui tra sprechi, diseguaglianze e corruzioni il cittadino, in particolare quello socialmente debole, fa fatica ad esercitare il suo diritto alle cure, al rapporto tra sofferenza e media, alla mutazione nelle relazioni umane che il mondo digitale sta provocando, specialmente nei più giovani.
Ma non sono mancate le storie di accoglienza e vicinanza ai malati, testimonianza di quanti vivono ed animano il mondo della salute e della malattia: autentiche perle di amore e concretezza, accolte come dono e come pista di lavoro. E di piste di lavoro ne abbiamo ricevute tante, nei tre giorni del convegno di Bologna, riassunti poi nelle conclusioni e prospettive, affidate come sempre a don Carmine Arice. Il cui sogno, ci ha confidato, è passare da una pastorale della salute che dice: ”Noi facciamo questo…” ad una pastorale della salute che dice: ”La nostra Chiesa diocesana fa questo…”, nella consapevolezza che la cura delle persone fragili va affidata a tutta la comunità, perchè la sofferenza  “chiama” tutta la comunità, e non solo gli addetti ai lavori.
Prospettiva nuova, cambiamento, inclusione, coraggio. Anche negli Ospedali: per passare da una pastorale incentrata sulla figura  del Cappellano, ad una pastorale ospedaliera, integrata nella missione della Chiesa, e del mandato ad essa affidato, di annunciare il Vangelo e curare i malati, e promuovere una salute integrale dei malati e delle persone sofferenti; perchè il tempo del dolore può, se accompagnato, diventare il tempo in cui si ripensa la vita, e se ne ritrova il  senso.
Storie di vicinanza ai malati e alle loro famiglie, per seminare speranza, e per fare cultura: in un tessuto sociale in forte cambiamento, alla Pastorale della Salute è chiesto anche questo, ed anche di dialogare con le istituzioni, nella difesa  dei diritti sanitari dei fragili, nella tutela della salute ambientale, e nella diffusione di stili di vita più sani e rispettosi della dignità umana, dal concepimento alla morte.
Alla fine del convegno il Cardinale Montenegro, anche quest’anno con noi, ci ha consegnato un messaggio forte: non dobbiamo andare dal malato per portare Dio, perchè Dio, presso quel letto, è arrivato prima di noi. La nostra fede in un Dio che ama e consola, ci renda capaci di essere segno visibile del Suo amore e della Sua consolazione, e ci aiuti ad osare cammini nuovi e linguaggi nuovi, di fedeltà a Dio e all’uomo.

 

di Lucia, Gianfranco, Maria, Suor Agnese