Incontriamo a Pompei, presso la sede della Conferenza Episcopale Campana, don Massimo Angelelli, Direttore dell’Ufficio Nazionale di Pastorale della Salute. La Pastorale della Salute, ricordiamo, promuove e sostiene quanti nel mondo della sofferenza -operatori sanitari, operatori pastorali, volontari,associazioni, movimenti- si prendono cura della persona fragile.
Don Massimo è attualmente impegnato in un tour attraverso le regioni italiane, per conoscere luci ed ombre di una realtà estremamente variegata, quale è il mondo della cura. Noi lo conosciamo bene: dall’inizio della pandemia il suo Ufficio ha attivato una rete di prezioso supporto online con i tanti soggetti interessati: Cappellani, medici, diocesi. E proprio parlando di Covid ha cominciato, con la sua carica di romana simpatia: gli slogan della pandemia,ha detto, ”Andrà tutto bene”,e “Tutto tornerà come prima”, mentivano. Non è andato tutto bene, non siamo ritornati come prima.
Ma una cosa è successa: sessanta milioni di Italiani hanno cambiato stile di vita. Ed è cambiata la società, è cambiata la Chiesa. Da qui ha preso il via l’ascolto delle nostre esperienze negli ospedali, nelle cliniche, nelle residenze per anziani, che ci ha mostrato quanto sia diversa da luogo a luogo la sanità, anche nella stessa regione, e quanto tutto sia sempre riconducibile alle mani, al cuore, alla mente, di chi gestisce i processi sanitari. I Cappellani chiedono maggior inserimento nei percorsi di cura, superando la anacronistica visione della loro presenza solo accanto al moribondo, per impartire gli ultimi Sacramenti, e ci raccontano di come il personale medico sempre più spesso li interpelli, chiedendo colloqui su tematiche di bioetica, soprattutto quelle riguardanti le sfide che la post modernità ci pone. E’ tutto lecito? Ci sono confini da non valicare? La tecnologia ha il primato decisionale? Tra accanimento terapeutico ed abbandono terapeutico, quale è il punto di mediazione lasciato ad una coscienza che si interroga? Ma i Cappellani ci hanno anche parlato di difficoltà contrattuali, sulle quali sarà opportuno avviare verifiche, circa il rispetto dell’accordo siglato tra Regione Campania e Conferenza Episcopale Campana per l’assistenza religiosa nei luoghi di ricovero.
Emerge una criticità: nelle comunità non sono previsti percorsi pastorali che accompagnino la maturazione di fede sulle tematiche del nascere, vivere, morire, sperimentare salute, malattia, disabilità, invecchiamento, lutto, sulle quali non c’è formazione specifica, anche se, proprio per la sensibilità dell’Ufficio Nazionale di Pastorale della Salute in accordo con l’Ufficio Nazionale Liturgico, si sta offrendo un cammino formativo ai Ministri Straordinari della Comunione, inviati dalle parrocchie a casa di anziani e disabili, non solo per distribuire la Comunione ma anche per poter essere testimonianza di una Chiesa vicina alle fragilità. Più spazio alla catechesi , dunque, anche con l’obiettivo di formare cittadini consapevoli dei diritti e dei doveri, e dell’idea che la salute è un bene non individuale, ma sociale, come l’aria e l’acqua, e che come tale va promossa e tutelata, anche denunziando disservizi , ingiustizie e sprechi. Si chiede all’Ufficio Nazionale di favorire una maggiore attenzione a queste tematiche,chiedendone l’ inserimento anche nei cammini formativi di preparazione ai Sacramenti, e favorendo l’inclusione dei fragili, soggetto e non oggetto di attenzione pastorale, nell’associazionismo cattolico.
Oggi la scuola, viene fatto notare da un insegnante presente, promuove l’inserimento dei ragazzi con disabilità più di quanto non faccia la Chiesa. Non poteva mancare un accenno alle sfide emergenti: la richiesta di un referendum sul fine vita, bocciato tra l’altro per l’ incostituzionalità del quesito, deve farci riflettere sulla necessità di formare cristiani più consapevoli, anche per superare il luogo comune che la Chiesa vuole la sofferenza. E’ vero piuttosto che l’accompagnamento nel tempo del dolore è missione di ogni battezzato, non di pochi esperti. ”Ero malato e mi avete visitato” è parola evangelica rivolta ad ogni credente. Don Massimo insiste sul valore della presenza: oggi, e torna più volte su questo punto, c’è carenza di relazioni, il Covid ci ha abituato al virtuale, ormai sempre più persone seguono la Messa in tv, non più per necessità ma per comodità, immaginando che guardare sia come partecipare, ma quando manca la relazione, il virtuale impoverisce.
Si è parlato di difficoltà a volte insuperabili nell’accesso alle cure, ma anche di opportunità. Sono in arrivo i fondi del PNRR, trasformarli in spese virtuose è impegno a partecipare e vigilare, e anche a coltivare relazioni di reciproca fiducia con le strutture della assistenza pubblica, guardando ai bisogni dei cittadini ai quali va offerta una rete di servizi che possa accompagnarli in tutti i tempi del percorso di cura, fino al rientro in casa, luogo non di abbandono ma di salute. Infine don Massimo ci ha illustrato alcuni dei progetti contenuti nel ricco calendario che accompagna le celebrazioni per i trenta anni della Giornata Mondiale del Malato: corsi per i seminaristi, concorsi per la composizione di brani musicali sui gesti di cura, premiazione di buone prassi nelle diocesi, missione popolare nei luoghi della sofferenza, un campo scuola per educare ai temi della cura…
Il nostro Vescovo don Franco Alfano, nel ringraziare don Massimo Angelelli per la presenza e l’ascolto, ha evidenziato in chiusura lo sguardo coraggioso col quale va guardato questo tempo, senza nostalgie per il passato e con la fiducia operosa che ci viene dalla fede, e dalla testimonianza delle persone che quotidianamente scelgono il bene.