Il Ministero della Consolazione: La rete delle solidarietà nelle malattie croniche, gravi, inguaribili: quali alleanze costruire?

Incontro dell’11 gennaio col dott. Biagio Galizia, Responsabile del Centro di terapia del dolore e cure palliative del nostro territorio, sul tema:
 
La rete delle solidarietà nelle malattie croniche, gravi, inguaribili: quali alleanze costruire?
 
Abbiamo affidato alle parole di Papa Francesco, rivolte ai partecipanti al meeting europeo sulle questioni del fine-vita (16-17 novembre 2017), l’introduzione al nostro incontro. La medicina -sottolinea Papa Francesco- ha sviluppato una sempre maggiore capacità terapeutica, ma proprio per questo occorre un supplemento di saggezza sulle delicate questioni che riguardano l’ultima fase della vita, per supportarne la dignità e la dimensione personale e relazionale. Vanno anche combattute le ineguaglianze terapeutiche, per cui non a tutti sono accessibili trattamenti adeguati; e va seguito un imperativo categorico: non abbandonare mai il malato, perché della persona  dobbiamo sempre prenderci cura, anche quando non è più possibile guarirla. Senza abbreviare la vita, e senza accanirci inutilmente contro la sua morte. Il Papa pertanto incoraggia la cultura della Medicina Palliativa, impegnata “a combattere tutto ciò che rende il morire più angoscioso e sofferto, ossia il dolore e la solitudine”.
 
Temi rilanciati con grande professionalità, competenza e passione, dal nostro relatore, il dott. Biagio Galizia, responsabile del Centro di terapia del dolore e cure palliative degli Ospedali riuniti dell’area stabiese. Attraverso tabelle, numeri, casistiche, ci ha presentato la fotografia di un Paese che invecchia, che non è attrezzato per far fronte alle nuove esigenze socio-sanitarie, che fa fatica anche a riconoscere il diritto all’accesso alle cure, negli attuali contesti di diseguaglianze economiche e sociali. Alcune delle parole- chiave: salute possibile, analisi dei bisogni, approccio multidimensionale, patto di cura, ci proiettano in una storia nuova, in cui il malato, e la sua famiglia, può essere protagonista, e non oggetto, degli interventi a lui rivolti. E il discorso si apre alla rete delle cure palliative. Ma noi le conosciamo? Ci chiede il dott. Galizia. Giornali e televisioni spesso ci confondono le idee. Cure palliative: da “pallium”,il mantello che veniva donato in epoca antica ai più poveri, perché si riparassero. Oggi indicano  quell’ “approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie (Organizzazione Mondiale della Salute)”.
 
Perchè le cure palliative? Perché quando non c’è più niente da fare -ci dice inoltre il dott. Galizia- c’è ancora tanto da fare. Curare ancora, anche quando non si può guarire. E’ il senso della Legge 38, che garantisce l’accesso ai trattamenti palliativi in regime di prestazioni erogate dal Sistema Sanitario Nazionale. Ma va fatta cultura su questi temi, vanno rimossi ostacoli e resistenze, e va capito che siamo tutti chiamati a fare la nostra parte, nell’accompagnamento di un malato terminale, che non può e non deve dipendere solo dal Sistema Sanitario. Favorire le relazioni, contrastare la solitudine, accompagnare e sostenere la famiglia, consentire fino all’ultimo una qualità di vita dignitosa e possibilmente a casa propria, questo richiede una rete che va dai sanitari ai familiari ai volontari. E il dott. Galizia ci parla del Volontario. Che non è una persona qualunque: è un raccordo importante tra malato, famiglia, istituzioni. E’ una risorsa insostituibile, che necessita di formazione, oltre che di competenze umane e relazionali. I volontari aiutano a riempire di senso quello “spazio sospeso” che non può essere solo il guardare una parete, in solitudine, nell’attesa della fine. Il tempo è un dono che la vita ci ha fatto: dargli senso, scrivendo, raccontando, è dare vita al tempo, e questo diventa anche un dono, una eredità per la famiglia, che scopre attraverso il racconto qualcosa in più del proprio congiunto: come ci dice in conclusione il dott. Galizia, ricordando il libro scritto dalla moglie, la dott. Antonella Graziuso, tratto dai ricordi del padre e a lui dedicato, come testimonianza  di un amore che vive oltre il tempo di una vita.
 
Nei laboratori, che hanno fatto seguito alla relazione del dott. Galizia, e nella riflessione finale affidata al nostro Arcivescovo don Franco, ci siamo soffermati sulla necessità di guardare nelle nostre comunità parrocchiali  con rinnovata attenzione alla sfida pastorale che questi temi ci propongono: la Chiesa è anch’essa “cura palliativa” quando  visita e consola, e porta  l’olio della presenza salvifica di Cristo.
 
Il prossimo incontro, il 9 febbraio, col dott. Pasquale Ragone.
 
In allegato
-Le slide della relazione
-Il testo del messaggio di Papa Francesco

 

di Lucia di MARTINO