Relazione di aiuto, ascolto empatico, comunicazione efficace nel tempo della malattia e del lutto.
Questi i temi sviluppati dai relatori del nostro secondo incontro: la dott.ssa Anna Paliotti, psicologa e psicoterapeuta, e suo marito il dott. Gaetano Malafronte, psichiatra e psicoterapeuta.
In sala lattenzione è tanta, fin dallintroduzione della dott.ssa Anna: gli psicologi umanisti, ci dice, guardano con interesse alla Chiesa di Papa Francesco, che tiene al centro luomo, accompagnandolo in tutte le sue situazioni di vita, e svolgendo quel ruolo educativo di cui oggi si sente la mancanza, tra le tante false proposte di soddisfazione esistenziale.
Nellincontro si è parlato di fragilità, delle domande che pone, e delle risposte che chiede. La fragilità ci chiede aiuto, e laiuto ha bisogno di relazione.
Ma come è una buona relazione? E una relazione che respira, che ha uno spazio di libero movimento, alternando attenzione allaltro e consapevolezza di sé. Evitando le reciproche invasioni, tracciando confini elastici, centrandosi sullascolto. Ma ascoltare come? E cosa? Innanzitutto, ascoltare per comprendere ciò che laltro non vuole. Come il pietismo, i consigli non richiesti, leccesso di aiuto, che negando l autonomia residua produce frustrazione: certe azioni rispondono solo al nostro bisogno di sentirci capaci, di gratificare il nostro io, tanto che a volte può capitare che laltro addirittura scompaia dal nostro orizzonte, e noi restiamo accanto ad una persona che non vediamo neppure, nel suo bisogno di essere riconosciuto. Rispettare laltro è riconoscerlo, aiutarlo ad esprimere ciò che sente e ciò che pensa; questo è ascolto efficace, che facilita lespressione e stabilisce un contatto, nel quale si accetta quello che sente laltro, e del quale si condividono i vissuti. E ancora, un ascolto efficace attiva risorse, da entrambe le parti. E come ci dice la nostra relatrice, è una disposizione dellanimo, non è una tecnica. Nella relazione daiuto noi portiamo un messaggio: la nostra presenza. Dice: io ci sono. Le parole servono a poco, molto più significativo è il linguaggio non verbale. Questa è unesperienza che tutti noi abbiamo fatto: di certi lutti, di certi dolori, non ricordiamo le parole ascoltate, ma gli abbracci ricevuti, le vicinanze sperimentate. Toccare è comunicare una presenza, soprattutto in certe situazioni, quando ci si sente travolti dallangoscia, e si tende a scappare, ad isolarsi. Come di fronte alla morte, non sempre accompagnata, più spesso fuggita, perché la nostra cultura ha il tabù della morte. Molto bella lultima immagine che ci ha presentato la dott. Paliotti, dellultimo viaggio del vecchio capotribù, immagine che ci parla degli elementi sapienziali presenti nelle antiche civiltà, più in pace di noi con lidea della morte. Noi, malati terminali come tutti, continuiamo a credere che la tecnologia può fronteggiarla, e continuiamo a sentirci soli e sconfitti davanti a lei.
Nella seconda parte dellincontro il dott. Gaetano Malafronte ci ha confidato che i poeti e gli artisti ne sanno più degli psicologi, sul mistero della fragilità umana: i poeti, ci ha detto, sanno cose che il sapere accademico sta ancora cercando. E così abbiamo esplorato con lui emozioni e sentimenti, aiutati dai versi e dagli scritti di uomini e donne, antichi e moderni, che visitati da una sofferenza ci hanno lasciato le tracce, umanissime e profonde, di una esperienza che chiede solo ascolto, accoglienza, amore.
In allegato, i brani proposti per la riflessione.
Il prossimo appuntamento è Giovedì 11 gennaio ore 17:00 ad accompagnarci nella riflessione il dott. Biagio Galizia.