Il modo migliore per dialogare, ci ricorda Papa Francesco, è fare qualcosa insieme. E nei giorni di Palermo si è dialogato tanto. Con le altre Religioni, con la Caritas, con medici ed istituzioni, con l’Ufficio Migrantes, con l’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI…
I giorni di Palermo hanno avuto i volti, le storie e i nomi di tanti che ci hanno aiutato ad entrare in contatto con una realtà in evoluzione: cinque milioni di immigrati in Italia, che contribuiscono a disegnare il profilo di un Paese che cambia, nel quale popoli, religioni e culture diverse provano ad incontrarsi, tra diffidenze ed aperture. Ed uno dei primi terreni di incontro per questo dialogo è l’ospedale, crocevia dell’umanità. Sono sempre più numerose le presenze di malati di altre culture religiose, che è bene conoscere, sia per la loro ricca tradizione, sia come presupposto per il dialogo e la promozione della cultura dell’incontro e della pace.
Il bisogno di salute e la fragilità dei nostri fratelli ci interpella, e ci chiede di essere capaci di accoglienza, soprattutto nei momenti della sofferenza. Il Cardinale Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, nel parlarci di Lampedusa, che mostra al mondo il volto dell’ Italia migliore, ci ha raccontato delle tante Bibbie e Corani che galleggiano tra i resti dei barconi affondati al largo delle nostre coste, testimonianza muta di uomini e donne che pregano, e credono, e sperano. Dovunque c’è umanità ferita, lì c’è Dio, e quel mare, quelle coste, sono terra sacra, santuari, altari.
Parole e storie, e tracce di lavoro. Come quelle indicate da Papa Francesco a Prato, dove è presente una comunità di trentamila cinesi, e riprese da Monsignor Perego, Direttore Generale della Fondazione Migrantes: 1) Rispetto; 2) Accoglienza; 3) Inclusione; 4) Integrazione. Noi siamo molto lontani anche dal primo punto, che presuppone il pieno riconoscimento della dignità del migrante: nella migliore delle ipotesi, siamo tolleranti. Troppo poco, per un popolo di battezzati, e che recenti indagini mostra sospettoso e diffidente verso lo straniero.
In Italia abbiamo un milione di donne che nelle nostre case assistono i nostri anziani. Spesso, l’anziano e la sua badante sono la somma di due fragilità. Donne tra le quali è in aumento il ricorso all’aborto per non perdere il lavoro, donne di cui preferiamo non conoscere le gravi problematiche familiari che spesso le accompagnano. Anche loro, tollerate perchè ne abbiamo bisogno, ma fondamentalmente ignorate.
Don Carmine Arice, Direttore dell’Ufficio Nazionale di Pastorale della Salute, nel provare a tracciare a fine convegno conclusioni e prospettive, ci ha rivolto un invito alla concretezza.
226 Diocesi in Italia: se ognuna con la sua Opera-segno verso i migranti accendesse una piccola luce, noi potremmo contribuire a costruire una cultura di dialogo e di pace. Ero forestiero e mi avete ospitato, malato e mi avete visitato: questo mondo che cambia, si incontra con il nostro agire pastorale? La sofferenza, la malattia e la morte, pur nelle diversità delle culture e delle religioni, hanno un punto d’incontro nel bisogno di accompagnamento dell’uomo fragile. Noi come Chiesa siamo presenti? Non è solo la necessità degli eventi che deve spingerci: è l’identità stessa del discepolo di Cristo. La via del migrante è continuazione della via di Emmaus, per riconoscere che Cristo cammina con noi.
Questo Convegno ci ha mostrato una Chiesa vivace, pensosa, informata, aperta al dialogo, adulta, profetica. Consapevole che la Storia non è cosa solo umana, e che la fedeltà di Dio ci accompagna, anche in questi snodi epocali, come l’esodo di tanti nostri fratelli che si allontanano dalle loro terre, per i motivi più diversi. Come la famiglia Bergoglio, tanti anni fa…
di Lucia di MARTINO